E

Una goccia, poi un’altra, poi un’altra ancora. Lenticchia si svegliò che era da poco spuntato il sole. Le gocce di rugiada del primo mattino cadevano leggere e pur prepotenti sul suo volto, tanto da costringerlo a svegliarsi, nonostante avesse ancora sonno.

Aprì un occhio, poi l’altro. Con le mani si stropicciò il viso e in poco tempo ricordò tutto: le corse con l’amico nel bosco di notte, lui che perde di vista lo scoiattolo e che si ritrova solo ed impaurito senza sapere dove andare e poi quella quercia e poi la sensazione che la sua mamma fosse lì, accanto a lui, fino all’arrivo del… il Gufo! Certo, quel grosso grasso gufo dagli occhioni enormi che gli aveva fatto tutti quei discorsi strani. Le Direzioni.

Non era sicuro di aver ben compreso le parole di quella creatura notturna, e non era neanche certo di averlo incontrato veramente, ciò che sapeva però, era che qualcosa di strano gli stava accadendo. Si sentiva insolitamente leggero, anche un tantino felice, nonostante fosse ancora lì, nel bosco da solo, senza sapere dove andare e cosa fare.

Con quella sensazione di “possibilità” nella testa e nel cuore, decise di incamminarsi, anche se non sapeva ancora verso quale parte del bosco.

Gli tornarono in mente le parole del Gufo, che gli aveva suggerito di seguire il suo cuore e di fidarsi, e così fece.

Ora, le sue dimensioni non erano più rimpicciolite. Era infatti tornato ad essere un bambino della sua età, il Lenticchia che tutti conoscevano.

Si mise in cammino, imboccando un piccolo sentiero che costeggiava un fiume.

Era decisamente un bel posto il bosco, pensò. Gli uccellini cinguettavano allegri, diffondendo nell’aria una dolce melodia che lo cullava, tanto da invogliarlo a chiudere ogni tanto gli occhi, nonostante stesse camminando.

E poi le farfalle, “Dio” pensò Lenticchia, “le farfalle sono davvero le mie preferite. Con tutti quei colori sembrano delle vere e proprie opere d’arte volanti, che regalano magia ad ogni loro passaggio”.

Ogni cosa appariva agli occhi di Lenticchia come nuova, come se per la prima volta stesse vedendo tutte quelle piante, e fiori, e esseri viventi. Tutto ora aveva qualcosa di diverso. La curiosità gli riempiva gli occhi e il cuore lo guidava.

E fu così, che camminando lungo il sentiero accanto al fiume, improvvisamente la sua attenzione venne catturata da qualcosa che spuntava timido timido da un grosso e rigoglioso cespuglio, il cui colore verde acceso, spiccava rispetto al resto della vegetazione circostante.

Lenticchia sentì il cuore battere sempre più velocemente. Una forza irresistibile lo stava spingendo ad avvicinarsi di più, sempre di più. E più si avvicinava a quel cespuglio e più non riusciva a capire cosa ci fosse là dietro, cosa quei rami stessero nascondendo, ma a giudicare dal suo entusiasmo, doveva essere qualcosa di davvero eccezionale.

Aveva sentito parecchie storie che raccontavano della magia che abitava quel bosco. Storie di folletti, di maghi e di luoghi incantati, ma non ne aveva mai incontrato uno per davvero, mai aveva visto chessò, il villaggio delle fatine volanti, per fare un esempio.

Giunto abbastanza vicino a quell’arbusto, cominciò a farsi largo con le mani, spostando uno ad uno i rami che gli si paravano davanti.

Rovistando frettolosamente, si accorse che dietro a tutti quei rami, e a quel fogliame, vi era una lastra di marmo di colore scuso, con su incise delle lettere. Le osservò ben bene, fino ad accorgersi che lì sopra c’era scritto qualcosa.

Lenticchia, assai incuriosito, cominciò a decifrarne i caratteri uno ad uno. Alcune lettere erano quasi del tutto cancellate, altre invece erano ancora ben leggibili. Non c’era dubbio pensò, quello che aveva davanti era un vero e proprio enigma da risolvere.

E: Enigma. Se all’indovinello ben risponderai, al prossimo livello tu salirai.