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Dopo aver gustato la buonissima cena preparata per l’occasione da Mamma scoiattolo, Lenticchia ed il suo nuovo amico decisero di andare a fare una passeggiata nel bosco.

La notte era ormai scesa e il buio avvolgeva ogni angolo. Si udivano in lontananza i canti degli uccelli notturni e di tanto in tanto, qualche rumore provenire dal fogliame che ormai aveva ricoperto quasi completamente il sentiero principale.

Lenticchia non era abituato a girare di notte, e a dire il vero, aveva anche un po’ paura.

Il suo amico scoiattolo, al contrario, sembrava decisamente a suo agio a muoversi nel fitto bosco. Correva agile e veloce, saltando da un ramo all’altro degli alberi, risalendo  come un razzo i tronchi, per arrivare fin sulla cima, da dove lo spettacolo era davvero unico: il cielo sembrava un velo scuro scuro, pieno di puntini luminosi, alcuni più vicini, altri un po’ più lontani, che ricordavano forme geometriche come triangoli, quadrati, rettangoli e tutto ciò che si poteva immaginare e disegnare con gli occhi e con la fantasia.

Lenticchia però non riusciva a stare dietro al suo amico scoiattolo. Le dimensioni rimpicciolite del suo corpo, e dunque anche delle sue gambe, lo rendevano lento e decisamente poco agile.

A fatica si arrampicava sugli alberi, e con altrettanta fatica riusciva a raggiungerne la cima.

Fu proprio durante una delle salite e discese vertiginose del suo amico scoiattolo, che Lenticchia lo perse improvvisamente di vista.

Smarrito ed impaurito, cominciò a guardarsi intorno, girando la testa a sinistra e poi a destra, per poi fare un passetto avanti ed uno indietro, nella speranza di ritrovare lo scoiattolino.

Lo chiamò. Lo chiamò ripetutamente, ma niente. Non udì nessuna risposta. Nel bosco si diffondeva solo il canto degli uccelli notturni e il rumore del fogliame caduto lungo il sentiero principale.

Sconsolato, con le lacrime agli occhi ed anche un po’ infreddolito, Lenticchia trovò un riparo sicuro sotto ad una grande quercia.

Si accoccolò, tutto rannicchiato su se stesso, accanto al tronco di quel maestoso albero, che come in un abbraccio lo strinse a sé, facendogli sentire tutto il suo calore e tutta la sua protezione.

Quella sensazione gli ricordò immediatamente la sua mamma. Lenticchia voleva la sua mamma. Lenticchia aveva bisogno più che mai in quel momento della sua mamma e delle sue coccole, che lo facevano sentire al sicuro e amato.

Chiuse gli occhi, si lasciò cadere in un sonno profondo, con la sensazione che la sua mamma fosse davvero lì, accanto a lui.

C: Carezza. La sua mano leggera si posò sul suo viso di bambino. Pelle tocca pelle. Cuore sfiora cuore. Non sentirti mai solo, mio piccolo, grande Amore.