Eccomi tornata a scrivere. Dopo qualche giorno di forte sofferenza fisica e psichica, stasera ho sentito la necessità di aprire il mio portatile e buttare giù pensieri e sensazioni e tutto ciò che sto imparando, da questa esperienza.
Il titolo che ho scelto non è un titolo a caso, perché davvero stare rinchiusi per via del Corona King, ti fa sperimentare l’assenza del tempo. Stare a casa con Corona non è come stare a casa durante il lockdown (chiaramente in salute), quando puoi decidere di uscire per andarti a comprare anche una cazzata al supermercato, pur di vedere vita e gente, anche se a debita distanza…in una condizione di finta normalità.
Quando stai a casa per il Corona King, significa che stai male, significa che non hai le forze per alzarti dal letto, significa non riuscire a parlare ma solo ad emettere dei suoni incerti dettati dalla tosse che non ti lascia scampo, e significa pure, accorgerti che il tempo che conosciamo e che misuriamo con i nostri dispositivi, in realtà non esiste e forse è pure una figata così.
E allora sono partita da tutto questo. Non riesco ad alzarmi dal letto: bene, comincio ad osservare cosa accade fuori dalla finestra della mia camera. Non riesco a parlare: bene, comincio a stare zitta, lasciando che siano gli altri a parlare. Non esiste il tempo: bene, mi sperimento in una nuova dimensione.
All’inizio, guardando dalla finestra della mia camera, mi dicevo “cazzo, io voglio andare a sistemare le cose che ho lasciato in sospeso là fuori” e avevo smania, avvertivo l’urgenza di rimettermi in sesto, ma il malessere fisico ha cominciato ad essere più forte di me e mi sono abbandonata nel letto, restando immobile per ore, ad osservare i rami degli ulivi del giardino, mentre danzavano al ritmo di chissà quale musica, ispirati e guidati dal vento.
Non ho parlato per una giornata intera e ho scoperto che anche così, chi mi stava accanto riusciva a capirmi al volo e allora mi sono detta “ma quante parole sprechiamo nella vita per farci comprendere dagli altri? Non è che forse usandone troppe rischiamo di confondere noi stessi e chi abbiamo davanti?”. Lascio il quesito aperto, perché sono io stessa in una fase di sperimentazione.
La calma, il “non” tempo. Come ho detto all’inizio, non esiste il tempo quando sei in quarantena. Nel mio caso, mi sveglio la mattina quando mio figlio mi chiama e mi dice “Mamma, andiamo a prendere le petit dejeuner?” e da lì la giornata prende il via e l’orologio lo controllo solo per sapere se sono arrivate le 17:00, visto che devo farmi la puntura.
Non so a che giorno di quarantena sono arrivata. Ho messo un avviso sul telefonino per quando dovrò andare a fare l’altro tampone, perché a me stare senza tempo mi sta piacendo parecchio. Non c’è ansia, non c’è fretta, non esiste la routine perché la giornata la vivo così come viene, senza attività già schedulate o cose simili.
Non so come sarà il mondo là fuori quando finirà la mia quarantena, ma una cosa l’ho capita: la libertà non è andare dove vuoi senza chiedere il permesso a qualcuno. La libertà non è tornare tardi la sera o andare a mangiare una pizza con gli amici senza vincoli d’orario. La libertà è “sentire” chi sei, riconoscere ciò che ti piace di te e ciò che non ti piace. La libertà è scegliere cosa dire e cosa non dire. La libertà è lasciare andare, quando ti accorgi che è arrivato il momento.
E ora, solo ora, guardo quella pantera che vive dentro di me, quella pantera che aveva fame di vita e di correre lontano, e ora, solo ora posso dirle “Sei libera dentro. Sei libera fuori. Sei libera”.