Doveva essere una semplice passeggiata notturna e invece…
Quest’estate ho partecipato ad un’escursione notturna in montagna e devo dire che è stata un’esperienza che è andata ben oltre le mie aspettative.
Il gruppo era abbastanza eterogeneo e tranne un paio di coppie, e io e la mia amica, nessuno di noi si conosceva l’un l’altro.
Dunque, oltre alla particolarità di fare trekking in notturna, si aggiungeva anche il fatto che dei perfetti sconosciuti avrebbero condiviso le successive cinque ore insieme.
Durante la salita per raggiungere quota 2108 mt, ho completamente dimenticato di essere in gruppo, per concentrarmi esclusivamente su me, su ciò che stavo vivendo.
L’attenzione era infatti tutta sul mio corpo, sulle mie gambe, sullo sforzo fisico e sul mantenere un buon ritmo di andatura e respiro. Nonostante fossi con altre persone, sentivo di esserci solo io e tutta quella meraviglia intorno.
Più salivo di quota, più intorno a me si manifestava la potenza e la bellezza della natura.
Il vento che si faceva sempre più freddo sulla pelle sudata, l’erba intorno che si muoveva in una danza sinuosa e che quasi mi invitava a sdraiarmi a terra, invece di continuare la salita. Il sole che a mano a mano stava tramontando e poi il silenzio.
Più salivo e più mi sembrava di essere vicino a Dio, di poter toccare quel cielo che a volte sembra così distante, così troppo in alto per essere sfiorato.
Ciò che non ti aspetti: l’Universo fuori e dentro
Raggiunto il rifugio intorno alle 20:00, nonostante la stanchezza e la fame che stava iniziando a comparire, fui colpita ancora una volta da ciò che avevo intorno: la vista da lassù era qualcosa di davvero eccezionale e la vera esperienza, il viaggio al mio interno, stava per cominciare.
Il sole se ne era già andato e il buio cominciava a colorare il cielo di un nero sempre più intenso.
Osservando le vette circostanti, un senso di malinconia cominciò ad assalirmi.
Quelle montagne così alte, così imponenti eppure, così sole. Ho pensato alla magia della notte che poi non è tanto magica se sei solo, se sei spento, se ti senti triste. Ecco, la magia è magia solo se hai gli occhi per poterla vedere, altrimenti è solo buio tutt’intorno.
Mentre facevo il giro esterno del rifugio, mi fermai ad osservare due ragazzi che stavano piazzando la loro tenda poco distante da dove mi trovavo. Mi chiesi come sarebbe stato dormire tutta la notte sotto le stelle… se è poi come si vede nei film, romantico e avventuroso, oppure se nel silenzio della notte, illuminata solo dal firmamento, tutti i tuoi demoni ti vengono a trovare e non puoi fare altro che accoglierli ed invitarli a stare con te, facendoti attraversare da tutto il tuo dolore, le tue paure, i tuoi disagi, per poi finalmente, all’alba, stringergli la mano e ringraziarli, perché magari sono la parte più vera di te e te, fino a quella notte non te ne eri accorto.
Ma io quella notte in tenda e quel tête-à-tête con le mie ombre non l’ho fatto e con quei pensieri e con tutte quelle emozioni che avevo nel cuore, entrai con gli altri nel rifugio per gustare un’ottima cena.
Finito di mangiare, zaino in spalla, ecco che il momento della discesa era giunto.
Prima di tornare a valle, e di lasciare la vetta conquistata, ricordo che mi fermai ancora un attimo ad osservare ciò che avevo intorno.
Ora, le montagne malinconiche non le vedevo quasi più. In lontananza si intravedeva solo qualche piccola lucina di qualche sperduta abitazione e nulla di più.
Uno sguardo, prima di scendere, lo diedi alla tenda dei due ragazzi. Erano dentro, ben chiusi perché il vento era davvero forte e faceva parecchio freddino e avevano una torcia accesa e io cominciai ad immaginare quei due sdraiati, tutti intenti a raccontarsi storie e a ridere e bere, godendosi quella meravigliosa avventura.
Poi i miei occhi furono rapiti dallo spettacolo a cui mai, prima di allora avevo assistito: il cielo stracolmo di stelle e la via lattea. “Cacchio”, ricordo di essermi detta, “Io la via lattea l’ho vista solo su Google o sui libri della scuola e invece ora eccola qua!”
Il cielo scuro scuro sembrava una tela cosparsa da tanti piccoli puntini luminosi e poi c’era lei, la via lattea, un’autostrada di minuscola polvere stellata, che brillava, illuminando il nero di quella tela.
Gli occhi, da quello spettacolo meraviglioso, non riuscivano a staccarsi.
Ero affascinata, rapita, confusa… era come se io in quel cielo pieno di stelle mi stessi ritrovando.
Io non ero la me che stava là sulla vetta più alta della montagna, io ero tutt’uno con quello che stavo guardando e che a mano a mano mi risucchiava e mi conduceva in una dimensione diversa, dove il tempo, le distanze, i rumori, le persone in carne e ossa non esistevano.
Ricordo di aver pianto, perché quello che stavo sentendo nel cuore era troppo, era immenso e non riuscivo a contenerlo né a comprenderlo.
Non so perché, ma in un flash mi vennero in mente gli uomini primitivi e poi noi oggi, noi esseri umani così “evoluti”, tecnologici e ho capito che non c’è differenza fra l’uomo della caverna e l’uomo del Ventunesimo secolo, perché nel nostro DNA, nelle vene, scorre la stessa energia primordiale che ci riporta a casa, ogni volta che ci concediamo di ricordare dove è la nostra vera casa.
In quel cielo stellato c’era tutto il passato, il presente e il futuro. C’erano milioni di persone e storie e luoghi e paesaggi e mari e oceani e terre emerse. In quel cielo stellato c’era l’Universo, il Tutto, l’Uno, Dio, e l’uomo di milioni di anni fa lo sapeva e lo sentiva, esattamente come lo sappiamo e lo sentiamo noi oggi.
E allora io, come chissà, magari una donna dell’età della caverna di milioni di anni fa, quella notte, nel Senza Tempo, abbiamo osservato lo stesso cielo e completamente rapite da quell’istante, ci siamo ritrovate per un attimo occhi negli occhi.