Ma cos’è la felicità? Spesso mi sono rivolta questa domanda senza trovare mai una risposta precisa, chiara, che risuonasse dentro.
Poi, dopo qualche tempo, a dire il vero, dopo parecchia vita vissuta, ho capito che la felicità è quando sei talmente allineato con il Tutto, che anche se morissi in quel preciso istante, andrebbe bene così, anzi, sarebbe perfetto.
Ma andiamo per ordine, non sempre è stato così
Come ho detto prima, per anni mi sono interrogata e l’unica cosa che mi veniva in mente, pensando alla felicità, era l’immagine di me, mio padre, mia madre e mio fratello al mare, poco prima che mio fratello morisse.
Ricordo che in quel preciso momento dissi a me stessa “Ho tutto, non ho bisogno di altro” e una piacevole sensazione di completezza, di pace, piano piano mi avvolse, quasi a proteggermi, magari perché qualcosa dentro di me già sapeva, ma taceva.
Poi la tragedia e tutto si è capovolto nella mia vita.
Per anni, esattamente tre, ho voluto cancellare, dimenticare, seppellire, quello che era accaduto, come se ci fosse stato un blackout nella mia vita e quello che avevo vissuto in realtà non si fosse mai verificato.
Certo, qualcosa non tornava, prima c’era mio fratello nella mia vita e ora? Dove era finito?
Ricordo che per rispondere a questa domanda che mi perseguitava, mi ripetevo che era in giro con la sua moto e che prima o poi sarebbe tornato a casa come sempre.
Ricordo che quando ero in macchina mi capitava spesso di guardare dallo specchietto retrovisore, in cerca della sua sagoma, come a immaginare che mi stesse seguendo nella strada di ritorno verso casa.
Ma niente, tutto è fallito quando la mia Anima mi ha detto “Ehi, stai cercando nel posto sbagliato”. La mia mente razionale pure pure se ne stava delle mie spiegazioni, del mio far finta di vivere e di tutte le cazzate che gli / mi raccontavo, ma la mia Anima no, e un giorno sono crollata.
Il corpo si prende una pausa, e l’Anima comincia a parlare
Ricordo di essere svenuta a casa dei miei, poco dopo essere scesa dalla macchina. Ricordo di aver percepito chiaramente che la vita mi stava scivolando via di dosso e un po’ avevo paura. Chiedevo aiuto a mio padre e mia madre, ma loro non potevano fare niente, c’ero solo io e la mia Anima, io e il Tutto. Era qualcosa che dovevo vedere e sentire nel corpo, nei sensi.
Lì c’era l’inizio e la fine, e tutto quello che non avevo voluto vivere.
Tremavo e piangevo e ricordo di aver detto “Ecco, ora so cosa ha provato mio fratello quando è morto”. Nessuno poteva aiutarlo, nessuno poteva evitare quello che è accaduto.. era il suo inizio e la sua fine e la paura provata, poi ha lasciato il passo alla serenità profonda, ad un senso di pace infinita.
L’incontro con la mia bambina interiore
Dopo quell’esperienza compresi che era arrivato il momento di farmi aiutare da qualcuno, per cominciare veramente a rivolgere il mio sguardo all’interno, senza paura, senza rifiutare niente, imparando sul serio a vivere con consapevolezza.
È stato durante le sedute di psicoterapia che ho incontrato, o meglio re-incontrato, la mia bambina interiore.
Lei era così dolce, così indifesa, era impaurita e stava soffrendo.
L’ho abbracciata, mi sono seduta decine di volte insieme a lei sull’altalena che amava tanto e che si trovava in un prato verde e pieno di fiori e farfalle. Abbiamo parlato parecchio, lei mi ha raccontato tutto il suo dolore e io, sono stata lì ad ascoltarla e abbiamo pianto insieme.
Con lei ho imparato che le persone che se ne vanno, lo fanno solo fisicamente. Il loro amore resta e sta a noi saperlo cogliere, sta a noi ritrovarlo nello sguardo di un bambino, nel sorriso di uno sconosciuto o negli occhi di chi abbiamo davanti. Quell’amore è parte di noi e non ci lascerà mai…ci gira intorno in continuazione.
Oggi, posso dire che tutto quello che ho vissuto, in qualche modo mi è servito, come se mio fratello fosse stato nella mia vita e poi se ne fosse andato per aiutarmi a comprendere altro.
Credo davvero che le persone che entrano nella nostra vita, lo facciano per un preciso motivo, magari per farci vedere lati di noi che non conoscevamo, oppure per aiutarci a fare quel salto che proprio ci fa paura.
Nulla è per caso, tutto accade per aiutarci a tornare a “casa”.
Ed è di questo ritorno a casa, che parla il passo del TAO che cito in questo articolo e che ho postato stamattina su Instagram.
Dalla lettura di questo brano, è nata l’ispirazione per questo articolo e lo vedete che nulla è per caso?!
Tornare alle radici
Arriva al culmine del vuoto,
mantieni la quiete e la solidità.
I diecimila esseri tutti insieme sorgono:
io contemplo il loro ritorno.
Gli esseri innumerevoli, innumerevoli,
tornano a casa ciascuno alle proprie radici.
Tornare alle radici è la quiete,
è tornare al proprio destino.
Tornare al proprio destino è l’eterno.
Conoscere l’eterno è illuminazione;
non conoscere l’eterno è essere senza radici
e causare la propria sciagura.
Conoscere l’eterno è essere tolleranti,
tolleranti perciò giusti,
giusti perciò regali,
regali perciò celesti,
celesti perciò uniti con il Dao,
uniti con il Dao perciò eterni.
Senza un io, nessun pericolo.
Tornare alle radici, ritornare a casa dopo il nostro lungo viaggio, felici di tutto ciò che abbiamo vissuto, nel bene e nel male, nelle tragedie e nelle gioie di tutti i giorni.
Tornare a casa per riunirci all’Uno e trovare la nostra eternità.