Passeggiando nel bosco
Stava passeggiando nel bosco, quando d’un tratto intravide, fra la fitta vegetazione, qualcosa che attirò immediatamente la sua attenzione.
Fece qualche passo ancora in quella direzione, si divincolò fra i rami degli alberi e la selvaggia natura che lì, cresceva liberamente.
Spostò con la mano destra l’ultimo ramoscello che le si parò davanti, e fu completamente travolta da quello spettacolo.
Era un castello meraviglioso. Era enorme, come quelli che aveva visto disegnati sui libri che da bambina amava leggere, quelli dove c’è la principessa che viene salvata dal suo principe azzurro, ovviamente non prima che questo, abbia combattuto contro l’onnipresente rivale, finendo chiaramente per sconfiggerlo, salvare la sua amata e sposarla, vivendo così felici e contenti per tutto il resto della loro vita.
Ma Rachele non vide nessun principe, nessun rivale e men che meno nessuna principessa da salvare, perché quel castello aveva l’aria di essere stato abbandonato parecchio tempo prima.
Si fece coraggio e mosse i primi passi verso il gigantesco edificio.
Rachele avvertiva dentro di sé una forte eccitazione mista a timore. Era come se da una parte avesse una voglia matta di entrare lì dentro e dall’altra una fottutissima paura di farlo.
Quel castello era irresistibile per lei e nonostante una parte di sé le dicesse di darsela a gambe levate, scelse di ascoltare l’altra vocina, che invece le suggeriva di entrare e di farlo anche in fretta, prima che qualcuno la vedesse.
Nel castello
Entrò nel castello e cominciò a guardarsi intorno.
Si rese conto che qualcuno, parecchio tempo prima, aveva abitato quelle stanze, quei corridoi, quei passaggi segreti, quel qualcuno che poi, per chissà quale ragione, aveva deciso di andarsene, di abbandonare tutto.
Le stanze del castello erano fredde, buie e umide. C’erano ricordi di una vita passata, intrappolati in suppellettili, fotografie sbiadite e specchi impolverati e opachi…quella magia, quell’aria irresistibile che quel castello le aveva mostrato dall’esterno, sembrava essere svanita, lasciando il posto alla tristezza e alla malinconia.
Un senso di vuoto la pervase e fu allora, che la sua attenzione fu catturata da un piccolo dettaglio: si trattava di una lanterna, stranamente accesa, che si trovava proprio all’inizio di una lunga, angusta e buia scalinata.
Verso la torre
Senza pensarci su molto, Rachele decise di prendere quella lanterna, per andare a vedere cosa ci fosse in cima a quelle scale.
A mano a mano che saliva, quel luogo sembrava farsi sempre più stretto e opprimente. Cominciò a sentire l’aria mancargli nei polmoni, nella gola, come se qualcosa o qualcuno la stesse soffocando.
Non si perse di animo, continuò a salire, su, ancora più su, con quella stretta al collo che pareva non lasciarle scampo, ma con la quale stava imparando a convivere, certa che qualcosa avrebbe pur dovuto significare…
Giunta in cima all’ultimo gradino, notò davanti a sé un piccola porticina in legno. Era messa abbastanza male, le travi che la costituivano non erano più perfettamente allineate e qua e là si aprivano micro fessure che lasciavano filtrare una fortissima luce.
Era strano, pensò lei, quel castello che prima di allora le era sembrato un luogo abbandonato, freddo e carico di tristezza e malinconia, ora le stava regalando una sensazione di calore, di familiarità.
Decise così di aprire la piccola porticina in legno e quella luce, che le fessure dell’uscio avevano solo fatto intravedere, ora la travolse letteralmente.
Quello era il punto più alto del castello, la torre, abitata generalmente nelle favole, dalla principessa in pericolo, che sarà poi salvata dal suo principe azzurro.
Quel pensiero e le immagini che rapidamente cominciarono ad affollarsi nella sua mente e nel suo cuore, le strapparono un sorriso, quel sorriso che la visita dei piani inferiori aveva spento da un po’.
La torre sembrava un luogo incantato. Era come se fosse qualcosa di diverso rispetto al resto dell’edificio, come se ne facesse parte, ma vivesse al contempo di una vita propria.
Quella malinconia, quel senso di vuoto che regnava nelle stanze dei piani inferiori, si affiancava alla calma, alla serenità e al calore di quel posto.
Si affiancava sì, e non si contrapponeva al resto del castello, perché era come se l’uno non potesse esistere, senza l’altro, come se il buio dei piani inferiori, non avesse ragione di esserci, senza la luce di quella torre e viceversa.
Da lì, si godeva di una vista mozzafiato, che ben presto rivelò, alla giovane Rachele, le meraviglie a cui mai, prima di allora, aveva riservato grande attenzione.
Un nuovo punto di vista
Da quella torre Rachele poteva finalmente accorgersi di tutto ciò che la circondava, della bellezza del paesaggio tutt’intorno, e di come da lassù, ciò che prima le appariva enorme, quasi insormontabile, ora non lo fosse più, come se gli ostacoli, i piccoli o grandi problemi, si ridimensionassero.
Quel luogo aveva davvero qualcosa di magico, quella torre esercitava su Rachele un forte richiamo, tanto che non riusciva a trascorrere troppo tempo lontana da lì.
Proprio per questo Rachele aveva preso l’abitudine di andarci almeno una volta al giorno, ogni giorno.
Prima di accedere alla torre, doveva però passare per le buie e fredde stanze dei piani inferiori.
Ad ogni passaggio per quei luoghi, Rachele imparava sempre qualcosa in più su di sé. La fretta che prima aveva, nel transitare per quegli ambienti, stava lentamente lasciando il passo alla calma.
Con sempre maggiore distacco, Rachele imparò a scrutare anche quelle stanze fredde, e buie. Ora, aveva imparato a convivere con le sensazione che i piani inferiori del castello le davano.
Infondo era da lì che aveva avuto inizio il suo viaggio, dall’urgenza di scappare che aveva avvertito e che l’aveva portata a notare quella lanterna e poi quelle scale, che conducevano su, dritte verso la torre.
In quella torre Rachele aveva imparato ad esplorare ogni giorno parti di sé che mai aveva visto prima. Si era riscoperta pittrice, aveva iniziato a scrivere il suo primo romanzo e soprattutto, era tornata a fantasticare su quel principe azzurro in cui aveva smesso di credere da tanto tempo.
Era come se quella torre le avesse donato nuovamente la parte di sé quella più vera, autentica, quella parte di sé ricca di risorse, di energie creative, che aveva dimenticato di possedere.
Ora Rachele si sentiva davvero viva, piena di tutta la vita che riusciva a respirare e a percepire tutt’intorno.
Ora i suoi occhi avevano ritrovato quella particolare luce, la luce dell’infinito amore, che tutto crea e da cui tutto ha avuto origine.
La Torre di Rachele ed i suoi simboli
Il viaggio che Rachele ha affrontato, passando per quelle stanze buie e fredde, per poi giungere alla sua torre, è il viaggio di ciascuno di noi.
È il viaggio di chi impara ogni giorno a conoscere i luoghi nascosti che lo abitano, di chi impara a stare con la propria malinconia e la propria tristezza. È il viaggio di chi si da il permesso di ascoltare e ascoltarsi e di farsi attraversare dalle emozioni, fino a sentire un senso di vuoto totale.
È da quel senso di vuoto che è cominciata la scoperta, o la riscoperta, dei meravigliosi tesori che Rachele custodiva dentro di sé e che nel racconto, sono rappresentati dall’immagine della torre.
Il luogo pieno di luce, dove le energie creative scorrono indisturbate e la parte più vera, profonda, emerge.
La torre di Rachele vive esattamente dentro di me…è lo sconfinato orizzonte in cui l’occhio si perde e io divento tutt’uno con l’infinito.